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Cambio di destinazione d’uso di un opificio produttivo agricolo, da adibire ad attività di ristorazione, ne

2024-08-09 16:39

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News, Opificio produttivo agricolo, Ristorazione, Regione ,

Cambio di destinazione d’uso di un opificio produttivo agricolo, da adibire ad attività di ristorazione, nel territorio della Regione Siciliana.

Insieme al collega di studio Massimo Cavaleri abbiamo sviluppato una consulenza ad una società privata, in merito al cambio di destinazione d’uso di un...

Insieme al collega di studio Massimo Cavaleri abbiamo sviluppato una consulenza ad una società privata, in merito al cambio di destinazione d’uso di un opificio produttivo agricolo, da adibire ad attività di ristorazione, all’interno del territorio della Regione Siciliana.
In particolare, ci è stato chiesto di dipanare un dubbio: se il cambio destinazione d’uso comporti il mutamento degli indici urbanistici ed edilizi, con la correlativa necessità di adeguamento, oppure se gli stessi debbano ritenersi ex se rispettati non comportando, il cambio di destinazione, alcun adeguamento ai suddetti parametri.
Ebbene, le conclusioni cui siamo pervenuti sono molto semplici.
La trasformazione richiesta, a prescindere dalla realizzazione di opere edilizie, comporta una variazione oggettiva delle attitudini funzionali del bene nell’ambito delle diverse categorie omogenee di cui all’art. 23 ter del DPR 380/2001.
Tuttavia, il regime giuridico di tale trasformazione deve necessariamente tenere in considerazione il disposto di cui al c. 3 dell’art. 37 della L.r. n. 19/2020, a mente del quale “Previa autorizzazione delle amministrazioni competenti, nelle zone destinate a verde agricolo è consentito il mutamento di destinazione d'uso dei fabbricati realizzati con regolare titolo abilitativo, ancorché non ultimati, a destinazione ricettivo - alberghiera e di ristorazione e per l'insediamento delle attività di "bed and breakfast", agriturismo ed annesse attività di ristorazione ove sia verificata la compatibilità ambientale della nuova destinazione ed il rispetto di tutte le prescrizioni igienico-sanitarie nonché di sicurezza. Nelle zone agricole è ammessa l'autorizzazione all'esercizio stagionale, primaverile ed estivo, dell'attività di ristorazione anche in manufatti destinati a civile abitazione e loro pertinenze, nel rispetto della cubatura esistente e purché la nuova destinazione, ancorché temporanea, non sia in contrasto, con interessi ambientali e con disposizioni sanitarie. La destinazione ricettivo-alberghiera e di ristorazione cessa automaticamente allorché cessi la relativa attività.
La norma in questione, anzitutto, disciplina due distinte ipotesi:
a)    Il mutamento di destinazione d'uso dei fabbricati realizzati con regolare titolo abilitativo in zone a verde agricolo (primo periodo);
b)     L’esercizio stagionale, primaverile ed estivo, dell'attività di ristorazione anche in manufatti destinati a civile abitazione in zone agricole (secondo periodo).
Per la prima ipotesi, che è quella da noi affrontata, la legge richiede la verifica della “compatibilità ambientale della nuova destinazione ed il rispetto di tutte le prescrizioni igienico-sanitarie nonché di sicurezza”.
Per la seconda ipotesi, invece, il “rispetto della cubatura esistente e purché la nuova destinazione, ancorché temporanea, non sia in contrasto, con interessi ambientali e con disposizioni sanitarie”.
Ebbene, si discute di una norma puntuale - speciale - volta a consentire nelle zone a verde agricolo il mutamento della destinazione d’uso limitatamente a delle specifiche - e per tale motivo - limitate destinazioni d’uso considerate, quindi, dal legislatore regionale ex se compatibili con le zone omogenea a verde agricolo e purché sussista e sia verificata “la compatibilità ambientale della nuova destinazione ed il rispetto di tutte le prescrizioni igienico-sanitarie nonché di sicurezza”.
La norma in parola non prevede alcuna ulteriore limitazione e/o condizione ulteriore da soddisfare per il rilascio dell’autorizzazione né è prevista la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni.
Il significato proprio delle parole utilizzate è reso palese, nei termini sopra delineati, dall’inciso “è consentito” il quale depone nel senso che in presenza dei presupposti previsti dalla medesima norma il mutamento sia possibile.
Altresì, il significato proprio delle parole utilizzate dal legislatore è più eloquente ove si consideri che la prima ipotesi, a differenza della seconda, non prevede il rispetto della cubatura esistente.
Con ciò non vuol dire che sia possibile sic et simplicter l’aumento di cubatura all’interno della prima ipotesi bensì che ai fini del cambio di destinazione d’uso risulta assolutamente indifferente il carico urbanistico, id est il mutamento del carico urbanistico in ragione della diversa attività da autorizzare.
E tanto è previsto in considerazione del fatto che si discute di “fabbricati realizzati con regolare titolo abilitativo”.
A compendiare ulteriormente siffatta opzione interpretativa soccorre la disposizione di chiusura contenuta nell’ultimo capoverso (applicabile ad entrambe le ipotesi), in virtù della quale “La destinazione ricettivo-alberghiera e di ristorazione cessa automaticamente allorché cessi la relativa attività”.
Ed invero, il cambio di destinazione d’uso, una volta ottenuto, costituisce una qualità stabile dell’immobile, opponibile anche ai terzi siccome dedotto all’interno della documentazione di cui all’art. 9 bis. del DPR 380/2001 e ciò in ragione della previa verifica della compatibilità urbanistica da parte del comune.
Nel caso di specie, tale qualità non presenta i caratteri della stabilità e dell’immutabilità latu sensu intesa ma si caratterizza per una inscindibilità rispetto all’attività esercitata e tale per cui, venuta meno quest’ultima, la destinazione urbanistica cessa ex lege – automaticamente.
Tale caratteristica consente di assimilare l’istituto in parola all’uso temporaneo di cui all’art. 23 quater del Dpr 380/2001.
Pur con i dovuti distinguo, tra cui la previsione di cui al comma 5 la quale dispone che l’uso “non comporta il mutamento della destinazione d'uso dei suoli e delle unità immobiliari interessate” si rileva, infatti, una evidente connessione funzionale rispetto all’attività esercitabile anche in deroga allo strumento urbanistico.
Mentre, nel caso di specie, il mutamento è consentito in ragione del predetto uso, rectius è condizionato all’esercizio effettivo dell’attività ed al suo mantenimento.
Trattasi, pertanto, di una norma, quella appena richiamata, con finalità anti-elusive la quale consente di preservare l’assetto urbanistico da possibili abusi ma che al contempo facilita il cambio di destinazione proprio perché, salva “la compatibilità ambientale della nuova destinazione ed il rispetto di tutte le prescrizioni igienico-sanitarie nonché di sicurezza”, non richiede ulteriori adeguamenti a tutela del carico urbanistico.
Infine, rileva anche la precisazione ivi contenuta, secondo cui il cambio di destinazione funzionale all’attività avvenga “Previa autorizzazione delle amministrazioni competenti”.
Tale precisione si appalesa rilevante nei limiti in cui disvela l’inesistenza di un opposto interesse comunale di tipo urbanistico da preservare mediante un puntuale provvedimento autorizzativo, essendo bensì necessaria l’acquisizione delle più volte richiamate autorizzazioni ambientali, sanitarie e di sicurezza, ottenute le quali la modifica è certamente consentita. 
Ed invero, l’art. 23 ter del DPR 380/2001, applicabile alla Regione Siciliana ai sensi della L.r. 16/2016, individua, come detto, un mutamento rilevante della destinazione d’uso, “Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali”.
La disciplina in parola, costituisce, quindi, espressione della competenza legislativa regionale consentita a norma del richiamato art. 23 ter e tale per cui si assume che non costituisca mutamento rilevante della destinazione d’uso l’esercizio di una delle attività previste all’interno dell’art. 37 c. 3 L.r n.19/2020, ove effettuate su fabbricati realizzati con regolare titolo abilitativo in zone destinate a verde agricolo. 
Può quindi affermarsi che la destinazione d’uso diversa è chiaramente considerata ex lege compatibile con il carico urbanistico in zona E.
In ragione di quanto sopra, è stato possibile offrire la soluzione al quesito prospettato nel senso che il cambio di destinazione d’uso sia possibile senza che venga imposto alcun adeguamento a tutela del carico urbanistico, salva la verifica della compatibilità ambientale della nuova destinazione ed il rispetto di tutte le prescrizioni igienico-sanitarie nonché di sicurezza.

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